Spese straordinarie: quali sono Le spese straordinarie sono quelle che non sono conteggiate nell’assegno periodico dovuto al genitore per il mantenimento ordinario dei figli. L’assegno di mantenimento, infatti, è destinato a soddisfare le esigenze della vita quotidiana dei minori e copre spese quali quelle per l’alimentazione o quelle per i farmaci da banco: in questo caso si parla di spese ordinarie. Le spese straordinarie, invece, sono quelle che riguardano aspetti imprevedibili o comunque non ricorrenti e non determinabili in anticipo, ma che possono anche essere di notevole entità. Esse, dunque, debbono essere rimborsate nella misura del 50% al genitore che le sostiene . Per esempio, sono straordinarie le spese dentistiche, le spese mediche specialistiche, le spese per la retta della scuola privata. Tra genitori separati o divorziati le spese straordinarie per i figli devono essere necessariamente concordate? Il genitore affidatario o collocatario deve obbligatoriamente concordare con l’altro genitore le spese straordinarie relative ai figli? La Corte di Cassazione è tornata recentemente ad affrontare il tema con le ordinanze n. 16175/2015 e n. 4182/2016 confermando l’orientamento già espresso in materia dalla Suprema Corte. Il genitore con cui i figli convivono, non solo, non ha alcun obbligo di concertazione preventiva con l’altro genitore in merito alla determinazione delle spese straordinarie, ma nemmeno è tenuto ad informarlo. Sembrerebbe un precetto ingiusto, eppure il principio è sempre quello del preminente interesse dei figli che potrebbero subire un pregiudizio ogni qualvolta i genitori non siano in grado di accordarsi. Quindi, il genitore che non ha concordato le spese con l’altro, non per questo perde il diritto al rimborso. Tuttavia, le spese, per essere sicuramente rimborsabili, devono essere: utili per il minore proporzionate alle capacità economiche dei genitori Cosa fare quando il genitore si rifiuta di rimborsare all’altro genitore le spese straordinarie non concordate? L’ultima parola spetta sempre al Giudice che dovrà valutare se la spesa contestata sia di utilità per il minore e se essa sia effettivamente sostenibile in relazione alle condizioni economiche dei genitori. Se, infatti, il genitore che rifiuta il rimborso è in grado di dimostrare di trovarsi nell’impossibilità economica di farvi fronte, il Giudice potrà anche non autorizzare il rimborso di quella spesa. Riferimenti Ord. Cass. 16175/2015 – Ord. Cass. 4182/2016
Divorzio in 6 mesi solo se la separazione è stata consensuale
Il 26 maggio 2015 è entrato in vigore il Divorzio Breve che ha accorciato i tempi della separazione tra i coniugi. Infatti, se prima della riforma i coniugi potevano proporre la domanda di Divorzio trascorsi almeno 3 anni dalla separazione, ora invece i tempi si sono più che dimezzati. Oggi sono sufficienti 6 mesi se la separazione è stata Consensuale, mentre se la separazione è stata Giudiziale i mesi diventano 12. Il Divorzio Breve può essere domandato anche a seguito di una separazione ottenuta mediante procedimento di Negoziazione Assistita o attraverso il Procedimento in Comune dinnanzi all’Ufficiale di Stato Civile. Da quale momento decorrono i termini di 6 mesi e 12 mesi? Separazione consensuale → 6 mesi dalla comparizione dei coniugi davanti al Presidente del Tribunale (ovvero alla prima e unica udienza di tutto il procedimento) Separazione giudiziale → 12 mesi dalla comparazione dei coniugi davanti al Presidente del Tribunale (ovvero alla prima udienza) Negoziazione Assistita → 6 mesi dal momento in cui gli Avvocati delle parti certificano il raggiunto accordo tra le parti Procedimento in Comune → 6 mesi dalla data dell’atto che contiene l’accordo che è stato concluso dinnanzi all’Ufficiale di Stato Civile (non quindi dalla data successiva di conferma delle volontà entro i successivi 30 giorni) Ma cosa succede nei frequentissimi casi in cui una separazione iniziata come giudiziale viene poi trasformata in consensuale, cioè quando i coniugi hanno poi trovato un accordo? In questi casi, pur in assenza di una compiuta previsione legislativa, il termine per poter proporre la domanda di Divorzio decorre sempre dalla data di comparizione dei coniugi davanti al Presidente del Tribunale (ovvero dalla prima udienza) e non dalla data successiva in cui è stato disposto il mutamento del rito. Tale criterio è confortato dall’orientamento della Giurisprudenza di Merito che ha colto la ratio del Legislatore: “incentivare” la soluzione consensuale e, di conseguenza, “premiare” i coniugi che pur avendo inizialmente introdotto un procedimento contenzioso, hanno successivamente trovato un accordo e trasformato la separazione da giudiziale in consensuale. Contrariamente, se il termine di decorrenza si calcolasse a partire dall’udienza fissata per la trasformazione del rito (udienza, per esempio, fissata 8 mesi dopo l’udienza presidenziale), si rischierebbe di superare persino il termine lungo dei 12 mesi.
Chi ha diritto a percepire gli assegni familiari in caso di separazione o divorzio?
Assegni per il nucleo familiare: cosa succede in caso di separazione o divorzio? Va fatta una distinzione a seconda delle modalità regolatrici l’affidamento dei figli: Affidamento esclusivo Se i figli sono affidati ad un solo genitore, sarà proprio quel genitore ad averne diritto: solo il genitore affidatario è legittimato a richiedere e percepire l’assegno per il nucleo familiare. In pratica il genitore affidatario costituisce un nuovo “nucleo familiare” insieme ai figli lui affidati. L’affidamento esclusivo, tuttavia, ha carattere residuale: con l’introduzione nel 2006 dell’affido condiviso e del principio della bigenitorialità, i figli vengono generalmente affidati ad entrambi i genitori, a meno che non ci siano gravi motivi ostativi a questo tipo di affidamento. Affidamento condiviso Se i figli sono affidati ad entrambi i genitori, come normalmente avviene dall’entrata in vigore della L. 54/2006, entrambi i genitori sono legittimati a richiedere gli assegni per il nucleo familiare perché è come se ciascun genitore formasse un nuovo “nucleo familiare” a sé stante. Ferma questa astratta facoltà, di fatto, poi, solo uno dei due genitori può richiederli e percepirli. I genitori possono già in fase di separazione o divorzio consensuali prevedere quale dei due possa richiederli. Nel caso, invece, in cui i genitori non raggiungano un accordo, allora il criterio legislativo cui il Giudice si atterrà è quello della convivenza: essi spetteranno al genitore che convive stabilmente con i figli. Ho diritto agli assegni familiari anche se non lavoro? Anche il genitore che di per sé non ha diritto alla percezione degli assegni familiari -per esempio perché non è lavoratore o non è titolare di pensione- ma che convive con i figli, può sostituirsi nella posizione dell’ex coniuge o compagno avente diritto alla corresponsione dei suddetti assegni, e richiederne ed ottenerne l’erogazione. Questa tutela opera anche nel caso di genitori non coniugati. Unica differenza: se si tratta di genitori coniugati, essi vengono erogati avendo a riguardo la situazione reddituale dell’avente diritto (quindi del coniuge che non convive con i figli); se si tratta di genitori non coniugati, invece, si terrà conto della situazione reddituale del genitore che convive con i figli. Dopo la separazione/divorzio ho iniziato a percepire gli assegni di mantenimento: mio marito/mia moglie ha diritto ad avere un abbassamento dell’importo dell’assegno che mi sta pagando? Gli assegni familiari costituiscono una misura a sostegno del reddito: hanno natura prettamente alimentare e, pertanto, non vanno conteggiati come reddito ai fini della determinazione dell’importo dell’assegno di mantenimento per i figli dovuto dall’altro coniuge/compagno. Per esempio, se Tizio percepisce € 800,00 al mese di stipendio ed € 200,00= di assegni familiari, l’assegno di mantenimento per i figli che convivono con la madre Caia dovrà essere determinato sulla somma mensile di € 800,00= (effettiva capacità contributiva di Tizio) perché la somma mensile di € 200,00= (assegni per il nucleo familiare) verrà percepita direttamente da Caia (genitore con cui convivono i figli). Sono sempre validi i diversi accordi che i genitori abbiano di comune accordo stabilito in sede di separazione o divorzio. Riferimenti: art. 30 co. 3 D.lg.s. 198/2006 art. 211 L. 151/1975 D.L. n. 69/1988 conv. L. n. 153/1988 Cass. Civ. n. 12770/2013 Circ. Inps n. 210/1999